La Banca Centrale Europea ha recentemente inviato alle principali banche italiane una comunicazione intesa a sollecitare una gestione più rigida dei crediti “deteriorati” (NPL: non performing loans). In base a tale comunicazione dovranno essere svalutati non solo i crediti “deteriorati” derivanti da nuovi prestiti ma anche quelli relativi ai vecchi prestiti a rischio insolvenza accumulati in passato. Si tratta di 208 miliardi di crediti “problematici” per i quali sono stati finora accantonati a bilancio circa 115 miliardi per far fronte a eventuali sofferenze. Rimangono “scoperti”, cioè senza adeguata copertura in bilancio in caso di definitivo accertamento dell’insolvenza, circa 93 miliardi di euro.

A fronte del pressante “invito” della Banca centrale Europea le Banche italiane si trovano di fronte alle seguenti opzioni:

  • Svalutare interamente i crediti in pochi anni accusando una perdita patrimoniale di 93 miliardi che andrebbe a ridurre il patrimonio con le relative conseguenze sull’erogazione dei crediti;
  • Destinare in misura assai rilevante gli utili di gestione a copertura delle svalutazioni a spese del risultato di bilancio e quindi dei valori azionari;
  • Cedere i crediti “deteriorati” a società specializzate nel recupero crediti.

Molte banche si stanno orientando in tutto o in parte verso quest’ultima opzione per ridurre le perdite patrimoniali al fine di attenuare i risvolti negativi delle prime due scelte.

La conseguenza, per i debitori che si vedono notificare la cessione del loro credito a una società di recupero, consiste nel cambiamento dell’atteggiamento del creditore. Quest’ultimo, la società di recupero crediti, ha l’unico interesse di realizzare il proprio credito nella misura più alta e nel tempo più breve possibili; non è interessato, come potevano esserlo le banche creditrici, a un negoziato di più ampio respiro che dia la possibilità di ripristinare, sia pure in tempi più lunghi, la puntualità dei pagamenti per rientrare nei prestiti. Occorre inoltre osservare che si genera una consistente asimmetria informativa tra società di recupero e debitore; infatti la società di recupero acquista i crediti in base a un negoziato nel quale le percentuali pagate alla banca venditrice tengono conto delle percentuali di incasso previste o attese. Tali percentuali sono però “riservate” poiché derivano da un accordo tra privati; il debitore non è quindi in condizione di sapere quale sia la percentuale alla quale il recupero crediti ha acquistato il suo credito e non può quindi valutare le convenienze della controparte in un’eventuale trattativa.

In una valutazione complessiva della cessione del credito occorre però tener conto del fatto che la cessione dei crediti, soprattutto quando l’insolvenza duri da molti anni, avviene a percentuali molto basse; circostanza che rende la società di recupero crediti disponibile a concludere accordi con le banche anche a percentuali molto ridotte rispetto al credito ceduto. I debitori “ceduti” possono tenerne conto in un’eventuale trattativa.

Wanni Ferrari